La storia di Carolina
LE PAROLE FANNO PIÙ MALE DELLE BOTTE
Carolina è una ragazza intelligente, altruista, sportiva e capace, ma quella notte, tra il 4 e il 5 gennaio 2013, la fragilità di adolescente prende il sopravvento e “Caro” si toglie la vita.
Troppo grande l’umiliazione di vedersi in un video mentre, priva di coscienza, dei suoi coetanei giocavano con il suo corpo mimando atti sessuali.
Troppo pesante leggere tutti quegli insulti postati sui social che rilanciavano quelle immagini. Eppure al centro delle offese, migliaia di commenti da gente che neanche conosceva, c’era lei. Proprio lei che neppure ricordava quel che fosse accaduto durante quella festa di un paio di mesi prima.
Era novembre e Carolina, dopo aver mangiato una pizza con amici, si chiude in bagno, sta male, ha bevuto troppo e perde conoscenza. Un gruppo di ragazzi l’accerchia e simula atti sessuali; la prendono di mira con insinuazioni e atti sempre più espliciti. Quelle scene vengono riprese in un video realizzato con l’intento di screditarla, colpevole di voler frequentare compagnie diverse da quella “Novara bene” che le stava sempre più stretta. Lei, amica di tutti, sempre sorridente e carismatica si trova al centro di un’attenzione morbosa virale: prima lo scambio in chat tra i presenti, poi il salto sui social network con una profusione di insulti e commenti denigratori.
Un peso insostenibile da sopportare quelle ingiurie che mettevano in dubbio la sua reputazione e la sua onorabilità. L’odio è tutt’altro che virtuale, come il dolore e la sofferenza, Carolina sceglie un salto dalla finestra della sua camera e lascia un messaggio potente: “Le parole fanno più male delle botte. Ciò che è accaduto a me non deve più succedere a nessuno”.
Una denuncia che rompe il silenzio: i social non hanno ancora cambiato la nostra società, ma i ragazzi sono avanti. E tanti di loro hanno già assaggiato il sapore amaro del cyberbullismo. Carolina crolla, ma prima ha la forza di denunciare, di fare i nomi e di raccontare la sua storia in una lettera destinata a cambiare il rapporto tra internet e adolescenti.
Un messaggio che consentirà al Tribunale dei Minorenni di Torino di celebrare il primo processo sul cyberbullismo in Italia, con condanne esemplari: le condotte, anche “virtuali”, che hanno portato Carolina a togliersi la vita, non possono essere derubricate a semplici “ragazzate”. “Il bullismo… tutto qui? Siete così insensibili“, scrive ‘Caro’…
Parole che Papà Picchio raccoglie e fa sue cominciando un percorso al servizio dei ragazzi, perché davvero il dolore che ha provato “Caro” non debba più provarlo nessuno…
Carolina è una ragazza intelligente, altruista, sportiva e capace, ma quella notte, tra il 4 e il 5 gennaio 2013, la fragilità di adolescente prende il sopravvento e “Caro” si toglie la vita.
Troppo grande l’umiliazione di vedersi in un video mentre, priva di coscienza, dei suoi coetanei giocavano con il suo corpo mimando atti sessuali.
Troppo pesante leggere tutti quegli insulti postati sui social che rilanciavano quelle immagini. Eppure al centro delle offese, migliaia di commenti da gente che neanche conosceva, c’era lei. Proprio lei che neppure ricordava quel che fosse accaduto durante quella festa di un paio di mesi prima.
Era novembre e Carolina, dopo aver mangiato una pizza con amici, si chiude in bagno, sta male, ha bevuto troppo e perde conoscenza. Un gruppo di ragazzi l’accerchia e simula atti sessuali; la prendono di mira con insinuazioni e atti sempre più espliciti. Quelle scene vengono riprese in un video realizzato con l’intento di screditarla, colpevole di voler frequentare compagnie diverse da quella “Novara bene” che le stava sempre più stretta. Lei, amica di tutti, sempre sorridente e carismatica si trova al centro di un’attenzione morbosa virale: prima lo scambio in chat tra i presenti, poi il salto sui social network con una profusione di insulti e commenti denigratori.
Un peso insostenibile da sopportare quelle ingiurie che mettevano in dubbio la sua reputazione e la sua onorabilità. L’odio è tutt’altro che virtuale, come il dolore e la sofferenza, Carolina sceglie un salto dalla finestra della sua camera e lascia un messaggio potente: “Le parole fanno più male delle botte. Ciò che è accaduto a me non deve più succedere a nessuno”.
Una denuncia che rompe il silenzio: i social non hanno ancora cambiato la nostra società, ma i ragazzi sono avanti. E tanti di loro hanno già assaggiato il sapore amaro del cyberbullismo. Carolina crolla, ma prima ha la forza di denunciare, di fare i nomi e di raccontare la sua storia in una lettera destinata a cambiare il rapporto tra internet e adolescenti.
Un messaggio che consentirà al Tribunale dei Minorenni di Torino di celebrare il primo processo sul cyberbullismo in Italia, con condanne esemplari: le condotte, anche “virtuali”, che hanno portato Carolina a togliersi la vita, non possono essere derubricate a semplici “ragazzate”. “Il bullismo… tutto qui? Siete così insensibili“, scrive ‘Caro’…
Parole che Papà Picchio raccoglie e fa sue cominciando un percorso al servizio dei ragazzi, perché davvero il dolore che ha provato “Caro” non debba più provarlo nessuno…
http://www.fondazionecarolina.org/carolina/